Cancro benigno

[Riflettiamo stavolta sull’epidemia a partire dalla 45° lezione di musica o “videopillola” di Enrico Merlin. La si può ascoltare su questo canale YouTube. Enrico Merlin è musicista e compositore che, da molti anni, affianca l’attività di storico della musica del ’900. Nel ruolo di chitarrista e manipolatore sonoro, ha partecipato ad oltre 60 produzioni discografiche e a molti Festival internazionali. È riconosciuto quale uno dei massimi esperti della musica di Miles Davis, di cui ha compilato il catalogo commentato delle opere edite ed inedite. È autore di numerosi libri: si segnala almeno 1000 dischi per un secolo: 1900-2000, Milano, Il Saggiatore, 2012. Dal 2014 è parte del prestigioso corpo docenti dei Seminari di Nuoro Jazz]



Si associa di norma alla parola “vampiro” un significato negativo. Una persona che vampirizza gli altri è una sanguisuga che ruba loro qualcosa di molto intimo (sangue, energia, tempo, ecc.) per donarlo a se stesso. Seguendo una logica perversa, inoltre, quanti hanno subìto un furto dal vampiro assumono a loro volta comportamenti vampireschi. Magari senza volerlo, un individuo a cui è stato sottratto del tempo può essere indotto a sottrarne altro ad altri. È il caso della persona vittima di un amante possessivo che, per sfogarsi degli attimi perduti, si lamenta con amici o parenti del brutto evento, togliendo ore e giorni della loro vita. In un certo senso, dunque, come si è potuto accennare in un intervento precedente, il vampirismo è un correlativo potenziale della peste. Un individuo vampirizzato trasmette ad altri la propria condizione, esattamente come un appestato trasmette il contagio ai vicini.

Esiste però anche un vampirismo positivo, o – per estensione – una peste buona. A questa apparente contraddizione, è dedicata la 45° lezione di musica o “videopillola” di Enrico Merlin. L’artista dice, con l’ironia giocosa attraverso cui spesso passano i concetti più seri, che «l’artista è essenzialmente un vampiro. Un vampiro emotivo». La ragione è che questi è un «tramite» o «trasformatore» dei beni molto intimi che ruba agli altri. In quanto musicista, Merlin fa due esempi tratti dalla sua esperienza. Abbiamo da un lato i Led Zeppelin: gruppo che era solito attingere materia dalle canzoni di altri per realizzare opere che non erano mai state create prima. Dall’altro lato, troviamo il musicista che si esibisce dal vivo. Ella o egli suona, ma al contempo si nutre delle emozioni del suo pubblico e le trasforma, magari improvvisando sul momento un gesto o un accordo che non aveva programmato nel suo percorso formale/musicale. A loro volta, gli spettatori rubano dal musicista energia e la trasmettono alle persone limitrofe, creando un unico corpo collettivo.

È interessante osservare che questa idea di Merlin è in realtà molto antica, risalendo almeno al dialogo Ione di Platone. Il testo descrive esattamente, infatti, la stessa dinamica di ispirazione e trasmissione di energia. Se il rapsodo Ione riesce a trattenere molta attenzione dal pubblico mentre recita Omero, è perché egli attinge o ruba la sua forza da qualcosa di più alto di lui. Platone usa al riguardo un paragone con il magnetismo. All’apice troviamo il magnete-Musa, che ispira Omero che compone l’Iliade e l’Odissea. I poemi causano l’ispirazione di Ione, che infine “aggancia” a sé il pubblico alla possessione poetica e gli spettatori la trasmettono ai loro vicini, come tanti anellini di una catena. La differenza tra Platone e Merlin riguarda il tipo di direzione che prende il flusso ispirato. Nel dialogo platonico, esso è unidirezionale. Non accade, in altri termini, che Ione ispiri Omero, o che il poeta prenda possesso delle Muse. Di contro, stando al discorso di Merlin, il flusso dell’ispirazione è pluridirezionale. Se è vero che il musicista ispira il pubblico, è vero anche che il pubblico prende possesso del musicista. Accade così che le parti in gioco risultino indistinguibili. Non si capisce più, infatti, chi ispiri chi, o meglio chi sia il ladro e chi il derubato, chi il vampiro e ch il vampirizzato. L’arte si rivela così un altro analogo della peste. Il pubblico viene infettato dal musicista e infetta ad altri nuovi germi.

Si potrebbe però tentare di andare anche oltre e supporre che questa dinamica non è esclusiva degli artisti. Al contrario, è un principio che domina forse tutta l’esistenza, come provano alcuni esempi. Il bambino che poppa dal seno della madre ruba da questa l’alimento, ma le restituisce affetto. Le piante sgomitano alla luce del sole per liberare ossigeno e consentire la vita di molte specie animali. L’autore stesso che scrive questo intervento su Merlin prende l’idea di base di Merlin per costruire un altro discorso, parallelo eppure diverso da quello originario. Vivere è forse sempre un rubare e trasformare qualcosa. Il vampirismo e la peste non sono così condizioni o eventi solo distruttori, di bacilli e mostri che si annidano nelle tenebre. Sono anche processi insiti negli enti che generano e alimentano qualcosa d’altro, spesso senza chiedere nulla in cambio.

Se da un certo punto di vista la conseguenza inquietante di questo discorso è che la vita stessa è una malattia, visto che ognuno di noi è portatore di una pestilenza e succhia energie o altro agli altri, al contempo ne segue un principio etico di responsabilità. Tutti siamo untori e portatori sani di qualche malattia, o vampiri che rubano con metodi e frequenza differenti. Ciò che possiamo scegliere è invece di quale morbo farci portatori. Qualcuno ruba agli altri solo per donare a se stesso. È il caso di un vampirismo o di una peste negativo/a, il cui unico esito consiste nel risentimento e nella distruzione. Ma è anche possibile, come fanno le piante e i musicisti, essere portatori di un “cancro benigno” – per così dire, untori costruttivi e per amore. La luce del sole che è rubata e trasformata in ossigeno consente alla vita di continuare. Per converso, l’artista prende dalla vita e dal pubblico un’energia che raffina, trasforma, infine inocula di nuovo negli altri. Si tratta insomma di uno di quei in casi in cui il derubato si trova alla fine con più beni di quelli di cui era stato privato: un povero diventato inaspettatamente e per paradosso più ricco.


[L'immagine in copertina è Spleen et ideal di Carlos Schwabe (1907)]