Peste, eros demonico e geometria platonica
L’erudito e filosofo Eratostene di Cirene (II-I secolo a.C.) è probabilmente la fonte comune a molte testimonianze antiche su un aneddoto leggendario della vita di Platone. Si racconta che una peste colpì l’isola di Delo. Poiché questa perdurava da troppo tempo, i Delii inviarono un’ambasceria a un oracolo (non è chiaro se di Apollo presso Delfi, o in onore di un’altra ignota divinità) e, avuta la risposta che il morbo sarebbe scomparso non appena avessero duplicato l’altare cubico delio, essi pensarono che sarebbe bastato raddoppiare il lato dell'altare. Ciò non fermò però la peste, al che gli abitanti inviarono una seconda ambasciata a Platone, per chiedergli cosa dovessero fare. Il filosofo non solo rivelò ai Delii dove avessero sbagliato. Essi avevano realizzato un altare otto e non due volte più grande, mentre avrebbero dovuto prima cercare due medie proporzionali, per poi aumentare il solido proporzionalmente in tutte le sue parti. Platone spiegò anche perché la peste avesse colpito l’isola di Delo e la ragione del responso dell’oracolo. Il dio mandò il malanno per invitare i Greci a non trascurare più la geometria che avrebbe consentito di risolvere il problema della duplicazione del cubo. Dal momento che questa disciplina richiede molto tempo e molte risorse, ciò avrebbe significato, sul piano etico, l’abbandono di attività come la guerra e la dedizione alla ricerca scientifica.
È difficile capire se Eratostene racconti un aneddoto che ha un fondo di verità storica. È però molto probabile che parte della storia sia stata ispirata dai dialoghi di Platone. L’interesse per la geometria è attestata, per esempio, dal dialogo di Socrate con lo schiavo del Menone a cui viene chiesto di calcolare la lunghezza del lato di un quadrato di otto piedi di superficie, o dai libri centrali della Repubblica, in cui la ricerca geometrica è presentata come un momento necessario del curriculum educativo del filosofo-re che dovrà governare lo Stato. È poi anche possibile che il dettaglio della peste sia derivato da un estratto del Simposio platonico. Il personaggio di Socrate narra di aver avuto come maestra nelle cose d’amore la sacerdotessa Diotima, che allestì sacrifici rituali per posticipare di dieci anni lo scoppio della peste ad Atene, poi narrata da Tucidide e Lucrezio. Unendo tali estratti dei dialoghi, Eratostene si sarebbe allora inventato – o avrebbe creato un alone leggendario su un fatto realmente accaduto – la salvezza dalla pestilenza attraverso la risoluzione geometrica della duplicazione del cubo, così da dare lustro a Platone e alla sua Accademia.
L’elemento interessante di questa ricostruzione è che la geometria e l’eros di Diotima potrebbero essere posti sul medesimo piano. È vero che il Simposio non specifica quale fosse il dio o demone a cui la sacerdotessa dedicò i sacrifici che consentirono il rinvio della peste di Atene. Ma data la sua conoscenza delle cose d’amore, è assai probabile che questi vada identificato con il demonico Eros. Diotima sostiene, del resto, che egli «reca le preghiere e i sacrifici» degli esseri umani agli dèi e, per converso, porta «i voleri e i premi per i sacrifici» dagli dèi agli esseri umani. Inoltre, attraverso Eros passano tutte le forme di magia e divinazione, che consentono ai mortali di anticipare pericoli e danni. Diotima dunque in un certo senso invera il discorso che era stato già fatto, sempre dentro il Simposio, dal medico Erisimmaco, che sostiene che l’amore pervada anche la natura e che preghiere o pratiche divinatorie riescono a renderla equilibrata. Secondo il personaggio, infatti, la peste nasce perché gli elementi naturali rompono un’armonia che prima li legava e perché ciascuno di loro, in preda a un eros sfrenato, «prende il sopravvento per quanto concerne le stagioni dell'anno». Il caldo è preso ad esempio da un “amore” del dominio su umido, secco e freddo, portando così alla rottura della proporzione geometrica reciproca che fa fiorire la natura in salute. Platone lo ribadisce anche nel libro X della sua ultima opera (Leggi), dove dice che la causa della peste risiede nel «prevalere» di un elemento sugli altri «nelle stagioni degli anni e negli anni stessi».
Da questo ragionamento consegue allora che, dalla prospettiva platonica, esiste un nesso essenziale tra geometria, teologia ed eros. La prima è una scienza che coglie, studiando figure e solidi, che la perfezione di qualcosa nasce dalla sua proporzione e ordine interni. La seconda individua nella divinità la garanzia che questo ordinamento esiste ed è ciò che l’essere umano deve cercare, a livello sia cognitivo che etico. Eros è infine la passione che media tra geometria e teologia. Questo demone è la passione che induce ad amare l’ordine che la divinità ha costruito più del disordine a cui ci siamo abituati, il sapere difficile da raggiungere più della facile ignoranza, l’armonia della nostra anima più dell’avidità e del desiderio di dominio. Quando ciò non accade, si determina un caos distruttore che porta alla peste. Il meglio per l’essere umano consiste insomma, per Platone, nell’amare la geometria e, di rimando, nel geometrizzare l’amore con il suo sciame di desideri.
Si possono ricavare due considerazioni da questa prospettiva apparentemente distante da noi. Da un lato, Platone invita a non contrapporre ragione e passione, che oggi invece tendiamo a separare. Se l’amore autentico tende all’equilibrio in natura e in noi stessi, e se questo equilibrio è un portato della ragione, allora uno tanto più ama, quanto più è razionale e sapiente. La geometria che ci fa capire che il benessere naturale e umano consiste nell’ordine come nella misura accende così l’eros illuminato, che costruisce, organizza e pacifica.
Dall’altro lato, e “secolarizzando” Platone, possiamo spogliare il divino dalla natura, ma conservare la corretta intuizione che questa fiorisce e prospera dove si mantiene il senso geometrico del limite. L’epidemia che stiamo vivendo oggi dipende, infatti, anche dalla struttura stessa della nostra società e dal nostro avido stile di vita, che rompe l’equilibrio dell’ecosistema naturale per amore di un arricchimento (per pochi) sempre maggiore e sempre più invasivo. La peste è così nata perché non si ama più la misura e la proporzione nelle nostre esistenze, dunque si è generata perché trascuriamo la geometria. Una rivoluzione che ci salvi dalla catastrofe deve così forse partire da un cambiamento nel nostro intimo, dal mettere ordine ai desideri incontrollati e superflui per avere un amore più illuminato sia verso la natura, sia verso noi stessi e gli altri. Guarire il disordine delle nostre anime è insieme mezzo e fine per tutelare la bellezza dell’ordine dell’universo.
[L'immagine è Artistic Quibble di Paul Kelpe (1927)]