Ognuno uccide la cosa che ama

Ognuno uccide la cosa che ama

Ho ricevuto la segnalazione di una frase che non è risultata chiara e ha dato luogo a fraintendimenti. Ho scritto «Achille uccide Patroclo, la persona che più ama», che sembra in effetti contraddire quanto si legge nell’Iliade, dove è Ettore a uccidere l’amico e l’amato dell’eroe.

Mi scuso per il pensiero involuto, dovuto al tentativo di concentrare molti pensieri in un solo testo, peraltro scritto in una condizione di fragilità che non rende il pensiero limpido e sereno. Di seguito esprimo in modo più analitico l’apparente paradosso e aggiungo qualche ulteriore considerazione.

Torniamo al libro I, precisamente ad Achille che piange in grembo alla dea Teti, dopo che Agamennone gli ha tolto la schiava Briseide. L’eroe chiede con ira alla madre di intercedere con Zeus e di pregarlo di sterminare tutti (πάντες) gli Achei: «chiedigli di dare aiuto ai Troiani e di respingere invece gli Achei verso il mare, contro le navi, facendone strage, perché godano tutti dell’azione del re [Agamennone]» (vv. 408-410). Achille innesca così una catena di cause dagli esiti distruttivi, che arriveranno fino all’ultimo anello di Patroclo. Teti prega Zeus di sterminare gli Achei. Zeus acconsente e dà forza ai Troiani guidati da Ettore. Gli Achei vengono spinti indietro dall’offensiva troiana fino alle navi. Patroclo indossa le armi di Achille, per far credere all’esercito acheo che l’eroe è tornato in battaglia e per infondere nuovo coraggio alle truppe. Gli Achei reagiscono e tornano a combattere. Ettore vede Patroclo e, scambiandolo per Achille, lo uccide.

Ecco che il cerchio si chiude e la peste dell’ira porta a una conseguenza indesiderata. Achille ottiene quanto aveva chiesto a Zeus, ossia la strage di tutti gli Achei, Patroclo incluso. E poiché la preghiera è un atto volontario, o di cui l’eroe era responsabile, dato che poteva anche scegliere di non pronunciarla, quello che sembra essere un paradosso provocatorio si rivela ora una proposizione cristallina, del tutto logica. Con la sua richiesta, Achille uccide Patroclo: uccide la persona che ama.

Da un punto di vista storico, Omero dà forma poetica a un dilemma che interesserà la riflessione morale e teologica successiva. Un individuo deve chiedersi se quello per cui sta pregando è un bene o un male, nonché valutare quali saranno gli effetti a lungo termine della sua richiesta immediata. Il tema è ad esempio posto nel dialogo Alcibiade secondo attribuito a Platone, dove viene evocato il caso dell’ira di Edipo che prega di trovare e punire l’uccisore di Laio, ossia se stesso. Allo stesso modo, Achille ignora che sta pregando Zeus di avere un male, pertanto la sua ira che causa la morte di Patroclo può essere interpretata come un’espressione della sua folle insipienza.

Il racconto omerico è però anche interessante perché conferma una controversa espressione di Wilde, che ne La ballata del carcere di Reading sancisce che ognuno uccide la cosa o la persona che ama, sebbene non tutti muoiano o scontino la pena per questa uccisione. Alcuni uccidono con la spada, altri con il bacio. Alcuni uccidono con il veleno, altri con la promessa di eterna e reciproca felicità. Alcuni uccidono per lussuria, altri difendendo una causa umanitaria. Alcuni uccidono rivolgendo odio contro se stessi, altri augurando il peggio agli altri. Achille rientra tra quanti uccidono senza volerlo, sulla scia di passioni che non sanno controllare e che provocano una violenza da cui pensano di essere intoccabili.

E tu che in questo momento ti stai forse augurando di allontanare qualche male o di ottenere qualche bene, sei certo di comprendere il vero oggetto del tuo desiderio? O non stai forse involontariamente chiedendo di bere in un calice il sangue del tuo amore?


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