La tentazione di imitare. La metafora del contagio in "Totem e Tabù" di Freud

Tra il 1911 e il 1913, Freud scrive i saggi dedicati all’analisi del tabù, della genesi del sentimento di riverenza religiosa, delle forme di espiazione dall’infrazione del divieto, che alla fine confluiranno nella raccolta Totem e Tabù. Alternando lo studio delle testimonianze di etologi o antropologi a lui contemporanei sui popoli primitivi all’osservazione diretta del comportamento di alcuni soggetti ossessivi che aveva come pazienti, lo psicologo arriva ad alcuni risultati rilevanti. Ciò che interessa qui è il riconoscimento di Freud di una “paura del contagio” quale causa psichica dell’esistenza del tabù e dell’astensione dalla cosa/persona vietata. Ci si astiene dall’aver con quest’ultima qualunque contatto, sia fisico che mentale, per timore di esser isolati dalla comunità cui si appartiene. Infatti, Freud registra che il soggetto che rompe un tabù diventa a sua volta tabù: viene evitato in modo che altri non vengano “infettati” dalla pulsione all’infrazione.
Per capire meglio le ragioni psichiche di questo contorto comportamento, occorre analizzare più da vicino la struttura stessa del divieto. Secondo Freud, ogni tabù conterrebbe in sé un’ambivalenza emotiva. La persona o la cosa verso cui si vieta un contatto è al tempo stesso temuta e amata, odiata e riverita. Si pensi, per fare un esempio fatto da Freud, al divieto delle tribù primitive riunite sotto un dato totem di avere rapporti sessuali con le donne o gli uomini della loro stessa cerchia. Il tabù in questione è ambivalente, perché innesca il terrore di aver contatti con queste persone, ma al tempo stesso accende il desiderio già presente nella psiche di unirsi sessualmente a loro. Se infatti uomini e donne non desiderassero di avere unioni sessuali di questo tipo, il divieto stesso non esisterebbe. Nessuno vieta, del resto, di evitare la copula con un sasso, dal momento che quasi nessuno desidera questo tipo di unione (se non qualche individuo particolarmente deviato). Quando però il divieto è infranto, accade che il soggetto responsabile diventi a sua volta oggetto di odio e amore. Lo si odia, in quanto ha trasgredito una legge non-scritta della comunità e si teme che il suo esempio possa esser seguito. Lo sia ama, in quanto egli o ella ha avuto il coraggio di fare ciò che tutti desiderano compiere e rafforza l’appetito che era a lungo rimasto frustrato o represso.
Esisterebbe dunque, se le analisi condotte in Totem e Tabù sono plausibili, una sorta di peste del desiderio realizzato, che ha tra i suoi sintomi la tendenza violenta a imitare chi ha rotto il tabù. È sufficiente che un singolo infranga il divieto per aprire la possibilità di una reazione a catena e per giungere, in uno scenario del tutto fuori controllo, a una pandemia in cui nessuno è più trattenuto da alcuna regola sociale. Le pulsioni porterebbero al caos e il tabù verrebbe del tutto eliminato, dal momento che il desiderio stesso è diventato legge o imperativo di uomini e donne.
Totem e tabù è tuttavia una raccolta di saggi descrittivi e analitici. Non sorprende dunque constatare che rari e soltanto accennati sono i riferimenti alla possibile terapia del conflitto psichico. Un ovvio passo in avanti è certo rappresentato dal prendere coscienza del desiderio nascosto dietro il divieto. Senza questo avanzamento di conoscenza, Freud nota che il soggetto verrebbe avviluppato da due passioni dannose: il senso di colpa e l’angoscia. Eloquente è qui il caso della paziente che, dopo aver accudito il marito morente, si colpevolizza di non aver fatto abbastanza per salvare il suo uomo dalla morte prematura. Freud sostiene che un’analisi psicanalitica di un simile comportamento mostrerebbe, in realtà, che la moglie desiderava la morte del coniuge. Il senso di colpa o angoscia sarebbe così la conseguenza del tabù o volontà segreta di uccidere l’uomo e tornare ad avere la vita libera, che la donna aveva prima dell’irrompere della malattia nella sua famiglia.
Il resto della trattazione di Totem e tabù insiste pertanto su altri temi, come la sublimazione delle pulsioni erotiche in pulsioni sociali e la genesi della coscienza morale. La paura del contagio è qui un pretesto per capire meglio le dinamiche psichiche del sé e non una malattia da guarire.
Se di norma in questa rubrica si è esplorato il binomio tra peste e passione, pensando che i termini indichino due cose diverse, tale intervento ha mostrato che questa divaricazione concettuale non è sempre produttiva. Il desiderio che si nasconde dietro un tabù coincide qui con il bacillo che causa la pandemia del caos sociale. Le analisi di Freud sono allora interessanti, oltre che di per sé, anche per aver dato un chiarimento metodologico importante – una pista di ricerca per un’analisi meno dicotomica e più aperta alla complessità del fenomeno dell’epidemia.

[L'imm
agine di copertina è Doppio segreto di René Magritte (1927)]